Nel pomeriggio, nel quadro delle iniziative previste per le Giornate Garibaldine organizzate dal Museo del Risorgimento, con la collaborazione anche della nostra Sezione, si è svolto presso la sede del Museo un incontro di cui è stata relatrice protagonista Annita Garibaldi Jallet, intervistata dal giornalista di “La Repubblica” Stefano Bigazzi, appassionato cultore di storia garibaldina, sul tema: Mare e libertà nell’ultimo romanzo di Giuseppe Garibaldi. Il “Manlio e i suoi prefatori. Dopo il saluto di Raffaella Ponte nella sua veste di Direttrice del Museo e promotrice dell’iniziativa, Anna Maria Lazzarino Del Grosso, nella sua breve introduzione, ha evidenziato il valore straordinario di un’opera ancora sconosciuta ai più, per la sua tardiva e scarsa circolazione. Vero e proprio testamento spirituale e politico dell’ anziano Eroe, ormai duramente provato nel fisico, amareggiato nel morale, ma indomito nella sua progettualità patriottica e nel perseguimento dei suoi ideali di giustizia oltre che di libertà, esso offre una molteplicità di piani di lettura: alla trama propriamente romanzesca, in cui non mancano pagine letterariamente felici e una capacità di evocare con grande vividezza immagini e scenari, si accompagnano infatti una sorta di struggente memorialismo, riferito soprattutto alle indimenticabili esperienze del lungo esilio in Sud America, e l’espressione ricorrente dei pensieri e dei sogni anche più intimi dell’Autore, strettamente intrecciata alla vicenda del giovane protagonista, che ora appare come un “doppio” di Garibaldi stesso, ora come una proiezione del suo piccolo omonimo ultimogenito, per il quale auspica un radioso e glorioso futuro, certo cullandosi nell’immagine finale del Manlio romanzesco liberatore di Trento e Trieste e futuro rigeneratore di un’Italia corrotta e “pretina”, con la gioia, a lui mancata, di avere sempre al suo fianco, combattente e sostenitrice, come per un tempo troppo breve fu Anita, l’amata giovane sposa creola.
Annita Garibaldi, nelle sua ampie risposte a una serie di puntuali domande di Stefano Bigazzi, naturalmente collegate al tema dell’incontro, il mare e l’esperienza marinara di Garibaldi e la sua ricerca di libertà per l’Italia e per i popoli del mondo, così presenti nel libro, ha ricordato le sue navigazioni giovanili per tutto il Mediterraneo, fondamentale apprendistato che si riverbera nel romanzo anche nella serie di particolari di tecnica della navigazione a vela che lo punteggiano, e che fece del giovane esule nizzardo approdato in Brasile il provetto comandante di imbarcazioni marittime e fluviali che come tale per prima cosa si distinse nel suo ruolo di sostenitore della rivoluzione riograndese e poi di colonnello della marina militare uruguayana, nella “Guerra grande” che lo trasformò in Eroe.
Curatrice di una riedizione del “Manlio”, estremamente opportuna, che si attende a breve, Annita ne ha ripercorso la primitiva vicenda editoriale, approdata alle due prime pubblicazioni, pressoché contemporanee, avvenute in occasione del centenario della morte di Garibaldi, di questa corposa opera, fino ad allora rimasta inedita, e conservata manoscritta, dopo la morte di Clelia, presso l’Istituto di Storia del Risorgimento di Roma: quella a cura di Anthony P. Campanella, uscita a Sarasota (USA), e quella venuta alla luce per i tipi dell’editore Guida, di Napoli, che è stata l’unica ad avere avuto una significativa circolazione in Italia. Proprio la curiosa storia riguardante le prefazioni di quest’ultima è stata portata dalla relatrice a conoscenza del pubblico, interessato e divertito: corredata da un pregevole apparato esplicativo della curatrice Maria Grazia Miotto, studiosa di cui oggi si sono perse le tracce, malgrado un’accurata ricerca, essa era originariamente aperta da una pregevole e dotta introduzione di Marziano Guglielminetti, che Annita si propone di riprendere nella nuova prossima edizione, ma, dopo la circolazione di un certo numero di copie che la contenevano, ebbe luogo una singolare operazione editoriale: la sostituzione del testo di Guglielminetti con una breve prefazione, evidentemente più “autorevole” per l’epoca (anche se non certo sul piano della critica letteraria), di Bettino Craxi. Fu questa la versione che ebbe all’epoca la maggiore diffusione e che si trova nella maggior parte delle non moltissime Biblioteche in cui il “Manlio” è oggi consultabile.
Non si può dunque non atten dere con impazienza la pubblica zione della nuova edizione (cui la nostra Presidente si è limitata, con la consueta concreta riservatezza, a fare un cenno velato), non solo perché essa consentirà, sebbene non siano mancati pregevoli studi al riguardo, ben noti agli addetti ai lavori, una ancora necessaria valorizzazione più “popolare” del Manlio, ma anche, perché no, una sorta di tardivo risarcimento morale al suo primo e illustre prefatore italiano. (A.L.D.G.)